LE BEVANDE ALCOLICHE
UN PO’ DI STORIA…
Il primo vino sembra risalire al periodo 10 mila 8 mila a. C.
Già seimila anni fa i Sumeri simboleggiavano con una foglia di vite l’esistenza umana e, sui bassorilievi assiri con scene di banchetto, sono rappresentati schiavi che attingono il vino da grandi crateri e lo servono ai commensali in coppe ricolme.
Anche gli Ebrei dell’Antico Testamento, che attribuivano a Noè la piantagione della prima vigna, consideravano la vite “uno dei beni più preziosi dell’uomo” ( I Re) ed esaltavano il vino che “rallegra il cuore del mortale” (Salmi) .
Nel mondo greco il vino era ritenuto un dono degli dei e tutti i miti attribuiscono a Dionisio, il più giovane figlio immortale di Zeus, l’introduzione della coltura della vite tra gli uomini. Dionisio, il dio del vino, fu oggetto di culto non solo presso i Greci, ma anche in Etruria, dove era identificato con la divinità agreste Fafluns, e quindi nel mondo romano, dove era conosciuto come Bacco.
A Roma si usava fare brindisi alla salute o di uno degli astanti ( il quale doveva vuotare la tazza esclamando “bene tibi!, vivas!”) oppure di persone assenti.
Con il trascorrere dei secoli l’arte della vinificazione si diffuse in Francia, Spagna, Germania e parte della Gran Bretagna.
Ai tempi antichi il vino era considerato come componente importante della dieta quotidiana, ed il vino continuò a essere apprezzato in Europa durante l’alto Medioevo, rappresentando una scelta privilegiata per accompagnare i pasti, in parte perché l’acqua potabile non era ancora sicura.
Tuttora nei paesi europei qualunque situazione di un certo rilievo è celebrata utilizzando l’alcool quale sugellatore di momenti buoni e felici (nascite, feste religiose, capodanno…) ma non solo…
“Se succede qualcosa di brutto si beve per dimenticare; se succede qualcosa di bello si beve per festeggiare; e se non succede niente si beve per far succedere qualcosa” ( Charles Bukowski)…Ma è proprio l’approccio giusto…??
LE DIFFERENZE AL GIORNO D’OGGI
Oggi il bere non è più così legato ai miti religiosi, culturali, filosofici, letterari. Nonostante le scelte portate avanti da varie correnti letterarie ( poeti “maledetti”, esponenti della Beat generation ….), c’è anche chi, dopo una dolorosa esperienza personale, si discosta da queste tendenze .
” L’ illusione sotto cui agivo era che l’alcool mi avrebbe aperto la mente , aiutandomi a capire la psicologia umana. Ma alla fine accadde il contrario. Si rivelò un ostacolo per scrivere. Mi ottundeva la mente, ero ansioso ed egocentrico, incapace di identificarmi nelle motivazioni degli altri.” ( Rick Moody, scrittore americano)
Lo stare assieme, il conversare, lo scambiarsi notizie, battute, scherzi possono apparentemente essere favoriti dal consumare assieme un prodotto.
Invece di promuovere la responsabilità e la moderazione nel consumare bevande alcoliche si tende spesso a riconoscere nei danni dell’alcool una certa inevitabilità, come se l’abuso non fosse frutto di intenzione, ma di un’azione compulsiva inevitabile che porta a bere “per cultura”.
Di qui nasce l’illusione che le “bevute esagerate” siano solo delle “bravate” o delle tappe di un’ iniziazione adolescenziale necessaria per diventare adulto.
Le persone tendono ad assumere alcool perché pensano che questa sostanza renda più facile la socializzazione, in quanto è molto forte l’associazione tra alcool e felicità, gioia, piacere, o perlomeno la sensazione che abbia un veloce e poco stigmatizzante effetto “anti-tristezza”.
I giovani in particolare hanno la sensazione di potersi mettere in evidenza, di emergere.
L’aumento graduale del consumo scorretto di bevande alcoliche, in particolare sotto forma di binge drinking (consumo forte e continuato, più di cinque unità alcoliche standard alla volta allo scopo di ubriacarsi) o delle cosiddette “alcolpops”‘, bevande considerate a basso tasso alcolico, ma che, comunque, contengono il 5% circa di alcool ( più o meno quanto una birra) è particolarmente pericoloso perché, soprattutto in soggetti potenzialmente più deboli, può portare a facili giochi mentali in felicità artificiosamente costruite.
” Alla fine l’equilibrio interiore non è da cercare. Forse ce l’abbiamo già, e più ci muoviamo o agitiamo o altro, e più ce ne allontaniamo”. (Enrico Brizzi)
ESISTE UN LIMITE DI TOLLERANZA?
La quantità di alcool tollerabile è individuale e spesso non esistono “campanelli di allarme” in grado di disincentivare l’individuo dal bere ulteriormente.
La concentrazione di alcool nel sangue raggiunge livelli eccessivi quasi insensibilmente, facendo passare da uno stato di leggera alterazione ad uno di ottundimento dell’intelletto senza gradualità, quasi di colpo.
Tutti gli organi vengono colpiti, in particolare il cervello: ed è questo che provoca la perdita del controllo del proprio corpo, deficit di memoria.
Inoltre fino ai 20 anni circa non sono presenti nel corpo umano gli enzimi destinati alla metabolizzazione dell’alcool ed è per questo che le sostanze alcoliche nei giovani possono avere un’azione molto più nociva.
Le donne poi, indipendentemente dall’età, hanno una ridotta capacità di metabolizzare le sostanze alcoliche perché sono carenti dell’enzima deputato a questo scopo.
MA PERCHE’ I RAGAZZI POSSONO ESSERE ATTRATTI DALL’ALCOL?
“Un uomo può iniziare a bere perché si sente un fallito, e diventarlo ancor più completamente perché beve” (George Orwell)
L’ adolescenza è un momento particolarmente vulnerabile nella vita di una persona, è un momento di ” transizione”.
A tutto questo si aggiunge anche il confronto con un mondo che sta diventando sempre più complesso e difficile da vivere.
“… oltre a tutti gli altri danni ci sono due parti del cervello, una che comanda la ragione e l’intelligenza e l’altra che controlla l’ impulsività e si sviluppano durante la crescita e l’alcool distrugge la prima perciò se continui così a vent’anni sarai di un impulsivo pazzesco e schizzerai male ogni giorno e farai fatica a ragionare…” ( un anonimo su un blog)
Gli adolescenti iniziano ad affrontare il mondo dell’attrazione fisica, degli incontri sessuali e in molti casi lo fanno con paura.
Alcuni ragazzi bevono per superare la timidezza nei confronti dell’altro sesso, anche se si tratta di un’illusione pericolosa. Se i freni inibitori vengono allentati, a volte lo sono fino alla totale mancanza di controllo e questo porta ad effetti esattamente contrari rispetto a quelli voluti.
La perdita di controllo spesso può portare a situazioni di rischio, sia rispetto alla contraccezione che alle malattie a trasmissione sessuale. Inoltre l’alcool non è affatto l’afrodisiaco che si crede, al contrario provoca il calo del desiderio sessuale oltre altri effetti secondari (ad es., il vomito, l’alitosi…) che rendono sgradevole il rapporto sia sul piano fisico che su quello psicologico.
Non dimentichiamo poi i rischi legati al mettersi alla guida quando si è fuori controllo.
Per gli adolescenti l’alcol può diventare un modo per allontanare i problemi, per aggirare i limiti imposti dalla realtà, per “rischiare” e per entrare in un mondo che sembra offrire sensazioni piacevoli.
Nella nostra cultura attuale, fatta anche di timori ed incertezze, l’alcol può diventare per gli adolescenti un falso ma “comodo rifugio” per affrontare i problemi ed i timori.
“è normale a 16 anni cercare di fare i fighi e di farsi belli davanti agli amici bevendo fino a star male …” ( un anonimo su un blog ).
Un ragazzo può vedere nell’alcool un modo per essere più sciolto e più coraggioso, non essendo consapevole dei rischi a cui va incontro.
Inoltre l’alcol è una droga socialmente accettata, sostanzialmente legale, che viene acquistata senza troppi problemi.
“Mi dispiace – esclamò un italiano – che non sia peccato bere l’acqua: come sarebbe gustosa!” (Georg Christoph Lichtenberg).
Non esistono solo i rischi lontani, come la cirrosi epatica, danni cerebrali, la dipendenza, la probabile disgregazione del nucleo familiare e i problemi di lavoro, ma rischi molto vicini: la ”figuraccia” con l’altro sesso, il ritiro della patente, le risse, le violenze sessuali… insomma….
“Non pensate di annegare i vostri dispiaceri nell’alcool. Sanno nuotare” (Albert Willemetz).